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Oscar Wilde |
I primi versi hanno un’armonia sorda, smorzata e carezzevole che evoca il silenzio della camera e dipinge l’essere vellutato e perverso che forma l’oggetto del poema. Il poeta chiede alla Sfinge di posare la testa sulle sua ginocchia perché egli possa carezzarle la gola morbida e toccare le sue grinfie d’avorio. Considera con un rispetto misto a timore questa creatura ambigua che è vissuta per migliaia di secoli, che ha avvicinato i demoni della mitologia, basilischi o ippogrifi, ha contemplato Iside inginocchiata dinanzi a Osiride, e Venere china in atto d’amore sui corpo esanime di Adone; ha visto la Vergine ebrea errabonda col suo santo Bambino, conosce la storia del Labirinto, ha avuto per amanti gli uomini più illustri dell'antichità: ma alle domande del poeta la Sfinge risponde col suo misterioso sorriso.
Certo ella amò il dio Amon dal grande corpo candido e dalle lunghe chiome chiare, venerato in tutto l’Egitto. Ora i ruderi della statua gigantesca del dio giacciono sparsi nelle sabbie deserte. E il poeta invita la Sfinge a far ritorno in Egitto, a ritrovare i suoi antichi amanti o a ricercare nuovi amori, Egli è stanco di sentirsela accanto, è stanco del suo sguardo fisso e della sua sonnolenta magnificenza. Si allontani dunque e lasci il poeta al suo Crocifisso che dagli occhi stanchi versa lacrime vane per ogni anima che muore.
La Sfinge è uno dei poemi più elaborati e armoniosi di Oscar Wilde. ll metro è il tetrametro giambico rimato (a b, b a). La scena e l’atmosfera fantastica ricordano Il Corvo di Edgar Allan Poe, ma l'angoscia e lo sgomento del soprannaturale sono qui sostituiti da una nota di voluttà pesante e torbida che rievoca le fantasie crepuscolari di Baudelaire. Dalle Tentazioni di sant'Antonio di Flaubert Oscar Wilde deriva in gran parte i particolari mitologici e archeologici che attraverso la musicalità dei suoi versi si spiegano in una scenografia sfarzosa e imponente.
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