Il fratello d'armi |
Giuseppe Giacosa |
Mentre i nemici assaltano il castello, Valfrido è imprigionato e, raggiunto dai suoi attraverso un passaggio segreto, poiché si rifiuta. di aiutare il cugino Ibleto a incendiare il castello, viene ucciso. Ugone, saputo che l’amico, da lui offeso, ha preferito morire piuttosto che tradirlo, si punisce ordinando di aprire le porte al nemico e di abbattere il castello perché custodisca tra le sue rovine la fedeltà di Valfrido e non ricordi l’onta dei Soana.
Nel trattare un soggetto così truculento, Giuseppe Giacosa ha mantenuto i toni, a lui consoni, di un lirismo sottile, anche se manierato, agile nella rima e nella versificazione, fiorito nel dialogo e nel bisticcio.
La rievocazione del Medioevo, che sembrava destinata a rimanere una sorta di "esclusiva" del teatro popolare e a subirne la forte coloritura, trova con Giacosa e il Fratello d'armi una forma il cui artificio, più colto e sensibile, appare come preludio di quello, ben più caldo e potente, di D’Annunzio. Non ha per protagonisti solamente dei personaggi quanto, più ancora, degli stati d’animo e dei momenti lirici che si susseguono e si fondono in un unico fluire di immagini rimate, di sentenze a mezz'aria, di associazioni di idee e di affetti...
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Lettura consigliata: "Teatro, futurismo e Marinetti: dal teatro futurista sintetico in avanti" sul blog ufficiale di Francesco Tadini al LINK: http://francescotadini.it/teatro-futurismo-e-marinetti-dal-teatro-futurista-sintetico-in-avanti/
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