giovedì 18 agosto 2016

Polifemo, Ciclope, figlio di Posidone nell'Odissea di Omero e nella poesia ellenistica

Polifemo - Galatea si presenta al ciclope. Pittura parietale, I secolo, da Pompei,
Napoli, Museo Archeologico Nazionale - fonte  Wikimedia Commons, foto Stefano Bolognini
Polifemo, Ciclope, figlio di Posidone nell'Odissea di Omero, nella poesia ellenistica e nella nuova commedia greca. Il più conosciuto - Polýphemos significa, in greco antico "che parla molto" - dei Ciclopi, che nella mitologia greca erano immaginati divisi dal mondo civile, e intenti a una vita primitiva di pastori (diversi quindi dai tre figli della terra e del cielo, chiamati anch'essi Ciclopi, aiutanti di Efesto nella sua fucina di fabbro e grandiosi costruttori delle mura "ciclopiche", i bastioni difensivi delle città del Peloponneso). Nel nono libro dell'Odissea i Ciclopi vivono in un'isola deserta di uomini e Polifemo se ne sta appartato anche dai suoi simili. È una figura grottesca e selvaggia che rinchiude Odisseo e i suoi compagni (divorandone qualcuno) nella sua spelonca. È famosa l'astuzia con cui Odisseo riesce a sfuggire al mostro, dopo averlo ubriacato e accecato; così i Greci si portano in salvo, all'aperto, nascondendosi in mezzo al gregge che esce per pascolare.

Il Polifemo di Omero è descritto con anche qualche nota umana – tra il comico e il patetico – quando si rivolge con parole affettuose, non senza tenerezza, alla più grossa delle sue pecore, il maschio che nasconde appunto Odisseo. Da questa avventura nell'Odissea derivano le successive peripezie del protagonista. Odisseo verrà perseguitato da Posidone per avergli accecato il figlio.

Odisseo e i suoi uomini accecano il ciclope Polifemo,
particolare da un'anfora proto-attica, circa 650 a.C.,
Eleusi - fonte Wikipedia Commons
Alla figura di Polifemo rimase sempre legata una certa comicità. Il ciclope fu un personaggio caro alla commedia greca antica e al dramma satiresco. Nel "Ciclope", il dramma satirico di Euripide a noi giunto, è ripetuta l'avventura di Odisseo: rinnovata e resa adatta alla scena con uno sviluppo drammatico più complesso e grazie alla presenza dei satiri allegri e scanzonati. Qui Polifemo è diventato più raffinato e mondano, più buongustaio che feroce: degna vittima del "moderno" Odisseo di Euripide.

Nella stessa epoca il mito di Polifemo fu modificato radicalmente – anche grazie all'influenza di nuove leggende popolari – fino al punto che nella nuova commedia greca e nella poesia ellenistica il ciclope è diventato un personaggio romantico (con accenti comunque grotteschi), musicale e innamorato della Nereide Galatea. La letteratura ellenistica si compiacque di mettere in versi lo sfortunato amore di Polifemo.
In un idillio di Teocrito Polifemo diventa un pastore innocuo e sentimentalmente preso dalla passione per Galatea: prova a conquistarla con doni, o con le altre arti degli amanti sfortunati super-ostinati.

Altri poeti dettero alla storia una fine tragica, in cui ricompariva l'antico ciclope di Omero: giacché Polifemo aveva un rivale, il giovane Aci, e lo uccideva un giorno lanciandogli un masso.
Nei poeti latini la storia di Polifemo talvolta è trattata come un semplice motivo letterario, derivato dalla tradizionale poesia bucolica, ma a volte si ravviva di elementi nuovi, popolari, sempre più diversi e lontani dal modello di Omero.

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