martedì 19 gennaio 2016

Tadini: l'artista visto da Maurizio Fagiolo dell'Arco - mostra Studio Marconi 1966

Francesco Tadini
Tadini - Il pittore del parto e le donne fecondanti, Trittico
Francesco Tadini / Archivio Casa Museo Spazio Tadini HUB - mostra a Studio Marconi (ora Fondazione Marconi, via Tadino 15) 1966 - Maurizio Fagiolo dell'Arco dal catalogo dell'esposizione. Una pittura letteraria? Tadini viene buon terzo dopo Victor Hugo e Savinio, Come Hugo è un cultore della tecnica, come Savinio crede nelle magnifiche sorti del super-realismo. Una pittura che cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate.

Ecco «Le vacanze inquiete». una ricerca della natura di tono comico (di smanie  goldoniane). Ecco "La famiglia irreale d’Europa", con la messinscena del mito sociale-collettivo per ripristinare il vecchio rito della famiglia reale (ma "irreale" significa "non regale" o "non reale?). Ecco l‘odierno "Il giardino freddo": scetticamente Tadini si accosta alla natura ("Il buon selvaggio moderno cerca freneticamente di ricostruire coi suoi gesti una specie di natura artificiale, la dimensione dell’innocenza », ha scritto nel ’63).

E’ chiaro che Tadini non si pone soltanto davanti a un paesaggio naturale, ma al paesaggio della pittura, dimostrando che fa parte del nostro ménage quotidiano. Ridipinge De Chirico, ridipinge Brauner, come altri ridipingerebbero un albero o una Coca- Cola o un fumetto. Ecco perché la sua pittura si svolge nel vuoto: non vive nell'atmosfera ma nel sans-air del museo. E va sottolineata la sua attenzione per la tecnica: dai disegni degli inizi, colorati e poi coperti a cera, alle tecniche miste, alla serie progressiva di velature che allontana l’immagine nel tempo. Minuziosità d’una tecnica artigianale, per dare una illusione di meta-verità, di « falso e vero verde ».

Non il falso surrealismo d’un fotografo dei propri automiti, ma la libera espressione d’un letterato che fa pittura: certamente « irrealismo » più che surrealismo. Nel ’60 Tadini parlava della « libertà della ragione », un principio che porta a scardinare le barriere tra mondo « spirituale » e mondo « fisico ». Quindi non più un mondo delle idee iperuranie contrapposto a un mondo terrestre, ma una nuova « unité d’habitation », una possibilità sconfinata di mescolare le carte, di dire allegramente « diavolo » al « buon Dio » e « viceversa ». Non « déreglement de tout sens », non « el sueño de la razon crea monstrous », non apologia della libertà, ma appunto « libertà della ragione ».

Tadini dimostra accuratamente che la radice del surrealismo è nella Metafisica. Ecco così diventare superfluo Magritte, perchè basta e avanza De Chirico: il vero inventore della « nozione e contronozione », del « quadro » che sostituisce la natura, dello spazio prospettico che si trasforma in una serie di spazi prospettici coesistenti. E poi c’è la riscoperta di Klee curioso erborizzatore del mondo, la riscoperta di Savinio che alza monumenti ai giocattoli. Tadini non crede nei complessi, crede nella psicanalisi: "La psicanalisi si pose essenzialmente lo scopo di liberare la ragione scientifica in una regione dalla quale era stata esclusa": Cioè: proporre una pazzia e poi dimostrare che c’è un metodo, studiare le segrete leggi geometriche  degli atti casuali, arrivare alla scienza dell’inconscio.

In questa serie, « Il giardino freddo », Tadini vuole ritrovare un certo paesaggio, e dipinge il verde, gli alberi, le canne per innaffiare, rifà un giardino « di memoria ». Ritrova gli oggetti isolati in un contesto artificioso, e ha quindi bisogno di avvitare letteralmente i suoi spazi l’uno all’altro in un mosaico che ha la scanzonatezza di Sterne e i lampi freddi di Bosch. Freddo: anche perchè i colori sono azzurri-viola-verdi particolarmente spinti, anche perchè l’atmosfera non esiste più: è un cubo di bronzo che si può affettare. E il paesaggio, nato per gioco, ideato per capriccio, lentamente ritrovato col pennello sulla tela, si annulla proprio alla fine dell’operazione pittorica. Ma questa operazione è riuscita proprio perchè il paziente è morto, perchè il « giardino» appare in questa gelida presenza, oggettivo nel colore freddo, freddo nella forma oggettiva, freddo e oggettivo nella contemplazione d’un mondo verde che non ci appartiene più.

MAURIZIO FAGIOLO DELL’ARCO dal Catalogo della mostra allo Studio Marconi, Milano 1966

A Fondazione Marconi dal 9 febbraio 2016: Tadini, Schifano, Adami, Del Pezzo – Nascita di una galleria. Inaugurazione: martedì 9 febbraio 2016 dalle ore 18,00. La mostra -  leggi l'articolo in dettaglio - con cui aprì Studio Marconi il lontano novembre 1965, con Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Emilio Tadini e Mario Schifano torna in via Tadino 15 viene riprosposta nella galleria della Fondazione d’arte moderna e contemporanea fondata da Giorgio Marconi.

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